Musica,libri,poesie e chi più ne ha più ne metta!!

Thursday, April 05, 2007

Monologo di una donna spezzata

Credo che sbagli chi dice che c’è un limite al dolore che una mente umana può sopportare, per quanto mi possa dispiacere ammetterlo le persone tendono a confermare che quando precipiti in un incubo esso diventa sempre più cupo, l’orrore da origine all’orrore, il male ne genera altri spesso peggiori finché la notte, il buio, il vuoto ti avvolgono, ti stritolano e sembrano ricoprire tutto. Inutile che continui a tergiversare, una volta pure io la pensavo così, pensavo che vi fosse un limite a ogni cosa, anche al dolore, pensavo, peggio di una stupida, che fosse possibile mantenersi vigili, lucidi, implacabili anche quando tutto sta marcendo intorno a te, che si potesse pensare in modo razionale anche dinanzi ad un buco nero, ad una disgrazia, ad una vita che rischia d’andare in pezzi, invece no! Non è vero niente, non è così che funziona! L’ ho pensato, sì, a lungo, l’ ho pensato fino a quando non ho abortito 45 giorni fa. Non mi ricordo niente, zero assoluto, solo che sono stata trasportata in un ospedale e che qualche giorno dopo ne sono uscita, urlante. Urlavo e urlavo e urlavo e urlavo e urlavo e urlavo e urlavo e urlavo e nessuno diceva una parola perché andava bene che urlassi fino a spaccarmi le corde vocali, chissenefrega non sono mica una cantante famosa che deve preservarle ad ogni costo.Da quel giorno un sacco di gente è venuta da me, una valanga di gente! Mia madre... oh, mia madre è dolce e gentile e pacata, è stata lei a consigliarmi di sbarazzarmi del bambino tanto che cosa avrei potuto dargli io? che cosa avrei potuto offrigli? Niente, non ho nemmeno 18 anni ancora un po’ e non sono capace di badare a me stessa, sì sono state queste le sue parole non me le potrei mai dimenticare. Mio padre… no, lui non ha saputo niente se no col cavolo! Mi divorava viva…E tutti i miei amici, uno dopo l’altro, alcuni persino con dei regali. E sono arrivati i sogni, io nella camera coperta da un lenzuolo sporco di sangue, il rumore della carne che si lacera, delle budella che si contorcono, una risata, una risata demoniaca come quella che sento nella mia testa in questi giorni, parlare col demonio ormai è un’abitudine per me. Ed è arrivato anche il mio ragazzo anche se io l’ ho guardato senza vederlo come se non fosse lui, come se fosse un estraneo capitato in casa mia per sbaglio. Sorrideva con quel sorriso di chi non sa cosa dire, quel sorriso di chi sa di avere una parte di colpa ma non lo esterna o non lo accetta, quel sorriso di chi pensa di comprendere l’orrore invece non può lontanamente immaginare perché non l’ ha mai vissuto. Lo odio! Porco! Maiale! Ed io sono come lui sono immondizia, non sono una ragazza, no, non lo sono! Che cosa succede? C’è qualcosa che non va, qui, l’orologio non funziona, le lancetta non girano.. no, sono io, sono io che devo smettere di guardarlo perché spero che tornino indietro! Spero che quegli aghi rossi come il sangue che ho perso tornino indietro di giorni, anzi di un mese e mezzo!Va bene adesso basta, mi sono stufata, devo andare, qualcuno troverà questo foglio e deciderà in seguito che cosa farne, tanto quando avranno finito di leggerlo io sarò già sul tetto, sul cornicione perché ho bisogno di volare. Sì, io voglio volare sarò la prima donna al mondo che volerà e tutti mi guarderanno tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti….

Tuesday, April 03, 2007

Poesia - Qualcosa è cambiato

X TOMMASO ONOFRI

Una sorprendente serenità
coglie la mattina,
ma qualcosa è cambiato
tra cielo color di solitudine
e terra un poco fremente.
Non è una nuova guerra
che ha rotto lo stendardo amoroso.
Non è il silenzio
che circonda le cose,
ma è l’attesa d’un ritorno
che ha perso il suo senso,
la preghiera che lanciato hai
e che è andata perduta,
come tutte...
è il corpo lungo l’argine
senza più miele negli occhi.
Lo spettacolo, forse, già scritto
è realtà
e niente può più consolare,
se non la poesia nel suo abito
scuro come la mano della Morte
che annuncia una nuova croce.
E nel cuore
Dio non vive più.

Friday, March 23, 2007

Poesia - Ingannai il dolore

Ingannai il dolore
a qualunque costo,
gettando il cuore
in qualsiasi posto
e lasciando naufragare
dolcemente
ogni ridicolo pensiero.
Mi rivolsi al tempo,
parlai al silenzio,
al vuoto di certi giorni
quasi fossero persone,
mentre girava un disco
e avvertivo, anche solo a tratti,
una vera emozione
che riposava
insieme ad una passione folle.

Ingannerò il dolore
anche se sarà tutto inutile...
cercherò ogni ricordo
appeso ad un fragile filo,
e stringerò la mano
della speranza
sorretta dalle grucce.

Thursday, March 22, 2007

ispirazione

Da dove viene l'ispirazione?

Me lo sono sempre chiesta, fin da quando 2 anni fa ho cominciato a scrivere poesie, così per caso.
Viene da tante cose...
Da uno sguardo che cogli in metropolitana, sull'autobus, per strada.. ascoltando una bella canzone, allegra o magari triste.. ricordando il passato, ricordando quando si era bambini e tutto pareva facile.. guardando fuori da una finestra.. pensando ai propri sogni..a quanto a volte possano essere fragili.. pensando al dolore, alle cose che sono andate perdute, alle persone che non fanno più parte della nostra vita, all'amore, all'amicizia... e perchè no.. leggendo un'altra poesia di un autore noto, che piace, che non scrive più... di un autore meno noto.. PUò venire dal silenzio..

E a volte si volatilizza così com'è arrivata.. Vorrei poterla afferrare e stringere.. vorrei poterla avere sempre con me..

Tuesday, March 20, 2007

New York

Dicono che non ci si possa abituare ad una città come New York. Piena di vita, incasinata, travolgente, sempre attiva anche di notte.. eppure sento che sarà un'esperienza fantastica. Quando mi è capitata la possibilità di visitarla, non ci ho pensato due volte...
L'Empire State Building con più di cento piani e un ascensore che ne fa 86 nel giro di 45 secondi, La Statua della libertà, il Gughenhaim Museum, il Metropolitan, l'osservatorio astronomico....assaporare un clima diversissismo dal nostro, guardare ad occhi sgranati questo luogo incredibile.. e anche sentire un po' di tristezza per Ground Zero, per quel vuoto lasciato dalla Torri Gemelle. .
Un mese lunghissimo negli Stati Uniti, dove un po' tutti per ragioni diverse vorrebbero andare..

Thursday, January 25, 2007

Una poesia per ricordare l'Olocausto

E’ giorno e poi è notte,
ma difficile è rendersene conto.
Il filo spinato
circonda uno sciame
di lugubri pensieri,
che sostano un poco nel capo
e volano, si disperdono
come la bocca del camino
svuota lo stomaco suo delle ceneri.
L’occhio di un giovincello
ti sorprende,
mentre aspetti di saper se sarai
vittima o miracolato.
La giallognola luce accompagna
qualche incubo
portato a volo da un messo infernale,
sempre che tu possa dormire, ebreo.

La purga è terminata da anni,
ma dura per sempre.
E ancora oggi
che vivi nel vento
ignori
il perché la gente voglia
dimenticare.

Sunday, December 17, 2006

Parti del mio romanzo

Judy Colber si affacciò alla finestra della sua stanza, appoggiando i gomiti sul davanzale, e restò a guardare i radi alberi che circondavano la cittadina australiana di Tennant Creek, le montagne in lontananza, il sole che calava dietro di esse, le case dei vicini e la gente che passava davanti a casa sua, pensando a chi era venuto prima di lei.
Gente che aveva abitato lì molto tempo fa, in quella casa dai muri di legno, che si ergeva su due piani, con la cucina lunga e spaziosa, il salotto dove solevano riunirsi e il cortile in cui sostava sempre l’auto di suo padre. Pensava ai ragazzi come lei, alle donne, agli uomini che hanno vissuto e sono morti in una di quelle stanze, oppure che sono nati, hanno litigato, pianto e amato in quei luoghi.
Erano come presenze invisibili che aleggiavano intorno a lei, senza mai darle pace, nonostante non sapesse niente di loro e non riuscisse nemmeno ad immaginare che aspetto avessero. Forse le somigliavano, oppure somigliavano ai suoi genitori o a suo fratello Julian. Magari anche loro avevano sogni nel cassetto e si lasciavano trasportare dalle fantasie più remote, esattamente come lei. Forse... Di una cosa però era certa: se anche i muri potessero parlare, avrebbero un sacco di cose da raccontare!
Ascoltò i rumori che arrivavano alle sue orecchie: il nitrito dei cavalli sul retro della casa, Julian che calciava il pallone, sua madre che gli raccomandava di prestare attenzione a non rompere un vetro, il verso di un koala su un albero. Di notte era diverso. C’era un silenzio inquietante, che ogni tanto le faceva paura. Lo sapeva, perché le era capitato di svegliarsi nel cuore della notte.
(...)

(Il Segreto dei Colber: capitolo 1.)



Ad un certo punto, come se avesse trovato ciò che stava cercando, sul volto di sua madre apparve un’espressione di rabbia mista ad ansia. Sollevò la foto in alto, sotto la luce della lampada che pendeva dal soffitto, per poterla vedere meglio. Non era molto antica, perché non c’erano segni d’ingiallimento. Era solo leggermente rovinata lungo i bordi. Judy sprizzava curiosità da tutti i pori; chissà a che cosa o a chi era stata scattata quella foto che aveva provocato una reazione simile in Emy Colber!
Sua madre estrasse qualcos’altro dalla scatola. Due fogli di carta. C’erano delle frasi scritte sopra. Una lettera, quasi sicuramente. Era davvero un peccato non poterla leggere. Avrebbe potuto chiederle di mostrarle il contenuto della scatola, ma lei non l’avrebbe fatto neanche a pagarla milioni. Si poteva guardare quelle foto e leggere quella lettera solo di nascosto.


(Il segreto dei Colber: Capitolo 3)



Il libro, come la scatola, non era ridotto male. La copertina era di pelle nera e ruvida e non recava né un titolo né un autore. Lo spolverò, cercò di far emergere qualche traccia, ma niente.
- No, ho paura che non sia un libro – dichiarò Judy.
- E cosa credi che sia? -
- Potrebbe essere un diario -
Lo aprì sulla prima pagina. Aveva ragione. In alto, in bella calligrafia, scritta in penna c’era la parola Diario. Sul fondo, in un angolo, erano riportate, stavolta in stampatello maiuscolo, due iniziali: M.J. Che fosse la proprietaria o il proprietario? In preda all’eccitazione, Judy lasciò scorrere le dita lungo tutte le lettere.
- Cosa aspetti, leggi – incitò Macy, con una punta di impazienza.
(...)

(Il segreto dei Colber: capitolo 5)