Monologo di una donna spezzata
Credo che sbagli chi dice che c’è un limite al dolore che una mente umana può sopportare, per quanto mi possa dispiacere ammetterlo le persone tendono a confermare che quando precipiti in un incubo esso diventa sempre più cupo, l’orrore da origine all’orrore, il male ne genera altri spesso peggiori finché la notte, il buio, il vuoto ti avvolgono, ti stritolano e sembrano ricoprire tutto. Inutile che continui a tergiversare, una volta pure io la pensavo così, pensavo che vi fosse un limite a ogni cosa, anche al dolore, pensavo, peggio di una stupida, che fosse possibile mantenersi vigili, lucidi, implacabili anche quando tutto sta marcendo intorno a te, che si potesse pensare in modo razionale anche dinanzi ad un buco nero, ad una disgrazia, ad una vita che rischia d’andare in pezzi, invece no! Non è vero niente, non è così che funziona! L’ ho pensato, sì, a lungo, l’ ho pensato fino a quando non ho abortito 45 giorni fa. Non mi ricordo niente, zero assoluto, solo che sono stata trasportata in un ospedale e che qualche giorno dopo ne sono uscita, urlante. Urlavo e urlavo e urlavo e urlavo e urlavo e urlavo e urlavo e urlavo e nessuno diceva una parola perché andava bene che urlassi fino a spaccarmi le corde vocali, chissenefrega non sono mica una cantante famosa che deve preservarle ad ogni costo.Da quel giorno un sacco di gente è venuta da me, una valanga di gente! Mia madre... oh, mia madre è dolce e gentile e pacata, è stata lei a consigliarmi di sbarazzarmi del bambino tanto che cosa avrei potuto dargli io? che cosa avrei potuto offrigli? Niente, non ho nemmeno 18 anni ancora un po’ e non sono capace di badare a me stessa, sì sono state queste le sue parole non me le potrei mai dimenticare. Mio padre… no, lui non ha saputo niente se no col cavolo! Mi divorava viva…E tutti i miei amici, uno dopo l’altro, alcuni persino con dei regali. E sono arrivati i sogni, io nella camera coperta da un lenzuolo sporco di sangue, il rumore della carne che si lacera, delle budella che si contorcono, una risata, una risata demoniaca come quella che sento nella mia testa in questi giorni, parlare col demonio ormai è un’abitudine per me. Ed è arrivato anche il mio ragazzo anche se io l’ ho guardato senza vederlo come se non fosse lui, come se fosse un estraneo capitato in casa mia per sbaglio. Sorrideva con quel sorriso di chi non sa cosa dire, quel sorriso di chi sa di avere una parte di colpa ma non lo esterna o non lo accetta, quel sorriso di chi pensa di comprendere l’orrore invece non può lontanamente immaginare perché non l’ ha mai vissuto. Lo odio! Porco! Maiale! Ed io sono come lui sono immondizia, non sono una ragazza, no, non lo sono! Che cosa succede? C’è qualcosa che non va, qui, l’orologio non funziona, le lancetta non girano.. no, sono io, sono io che devo smettere di guardarlo perché spero che tornino indietro! Spero che quegli aghi rossi come il sangue che ho perso tornino indietro di giorni, anzi di un mese e mezzo!Va bene adesso basta, mi sono stufata, devo andare, qualcuno troverà questo foglio e deciderà in seguito che cosa farne, tanto quando avranno finito di leggerlo io sarò già sul tetto, sul cornicione perché ho bisogno di volare. Sì, io voglio volare sarò la prima donna al mondo che volerà e tutti mi guarderanno tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti tutti quanti….