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Sunday, December 17, 2006

Parti del mio romanzo

Judy Colber si affacciò alla finestra della sua stanza, appoggiando i gomiti sul davanzale, e restò a guardare i radi alberi che circondavano la cittadina australiana di Tennant Creek, le montagne in lontananza, il sole che calava dietro di esse, le case dei vicini e la gente che passava davanti a casa sua, pensando a chi era venuto prima di lei.
Gente che aveva abitato lì molto tempo fa, in quella casa dai muri di legno, che si ergeva su due piani, con la cucina lunga e spaziosa, il salotto dove solevano riunirsi e il cortile in cui sostava sempre l’auto di suo padre. Pensava ai ragazzi come lei, alle donne, agli uomini che hanno vissuto e sono morti in una di quelle stanze, oppure che sono nati, hanno litigato, pianto e amato in quei luoghi.
Erano come presenze invisibili che aleggiavano intorno a lei, senza mai darle pace, nonostante non sapesse niente di loro e non riuscisse nemmeno ad immaginare che aspetto avessero. Forse le somigliavano, oppure somigliavano ai suoi genitori o a suo fratello Julian. Magari anche loro avevano sogni nel cassetto e si lasciavano trasportare dalle fantasie più remote, esattamente come lei. Forse... Di una cosa però era certa: se anche i muri potessero parlare, avrebbero un sacco di cose da raccontare!
Ascoltò i rumori che arrivavano alle sue orecchie: il nitrito dei cavalli sul retro della casa, Julian che calciava il pallone, sua madre che gli raccomandava di prestare attenzione a non rompere un vetro, il verso di un koala su un albero. Di notte era diverso. C’era un silenzio inquietante, che ogni tanto le faceva paura. Lo sapeva, perché le era capitato di svegliarsi nel cuore della notte.
(...)

(Il Segreto dei Colber: capitolo 1.)



Ad un certo punto, come se avesse trovato ciò che stava cercando, sul volto di sua madre apparve un’espressione di rabbia mista ad ansia. Sollevò la foto in alto, sotto la luce della lampada che pendeva dal soffitto, per poterla vedere meglio. Non era molto antica, perché non c’erano segni d’ingiallimento. Era solo leggermente rovinata lungo i bordi. Judy sprizzava curiosità da tutti i pori; chissà a che cosa o a chi era stata scattata quella foto che aveva provocato una reazione simile in Emy Colber!
Sua madre estrasse qualcos’altro dalla scatola. Due fogli di carta. C’erano delle frasi scritte sopra. Una lettera, quasi sicuramente. Era davvero un peccato non poterla leggere. Avrebbe potuto chiederle di mostrarle il contenuto della scatola, ma lei non l’avrebbe fatto neanche a pagarla milioni. Si poteva guardare quelle foto e leggere quella lettera solo di nascosto.


(Il segreto dei Colber: Capitolo 3)



Il libro, come la scatola, non era ridotto male. La copertina era di pelle nera e ruvida e non recava né un titolo né un autore. Lo spolverò, cercò di far emergere qualche traccia, ma niente.
- No, ho paura che non sia un libro – dichiarò Judy.
- E cosa credi che sia? -
- Potrebbe essere un diario -
Lo aprì sulla prima pagina. Aveva ragione. In alto, in bella calligrafia, scritta in penna c’era la parola Diario. Sul fondo, in un angolo, erano riportate, stavolta in stampatello maiuscolo, due iniziali: M.J. Che fosse la proprietaria o il proprietario? In preda all’eccitazione, Judy lasciò scorrere le dita lungo tutte le lettere.
- Cosa aspetti, leggi – incitò Macy, con una punta di impazienza.
(...)

(Il segreto dei Colber: capitolo 5)





2 Comments:

  • At 5:17 AM, Blogger Alpha Aquarii said…

    Ciao, ho visto il tuo commento sul forum Facciamo poesia di Libero e per curiosità sono venuto a vedere il tuo blog. Mi piace come scrivi. Ho più del doppio dei tuoi anni e da sempre faccio un mestiere che mi impone di lavorare con le parole e con il linguaggio, anche se non dal punto di vista artistico (in sostanza, sono un giornalista).
    Non so dirti come io scrivessi alla tua età. Di sicuro so che mi è capitato per le mani un mio pezzo di quando ho iniziato a fare questo mestiere. Era l'85 quando lo scrissi. A rileggerlo oggi mi ha fatto sorridere. Era pieno di ingenuità e di sciocchezze. Non sono un critico e non posso dirti se farai carriera o esaudirai il tuo sogno di diventare scrittrice. Molto dipende anche dalla forza delle storie che saprai partorire con la tua fantasia e non soltanto dal tuo stile. Però sei fresca e immediata e questo mi pare già un ottimo inizio.
    Di più non posso dirti. Se non "in bocca al lupo". E non ti scoraggiare mai. E mettici sempre dentro, in quello che scrivi, le tue emozioni e le sensazioni che ti danno le altre persone.
    Riccardo
    (aka alphaaquarii, prima stella della costellazione dell'Acquario)

     
  • At 11:43 AM, Blogger Eclisse di luce said…

    Ciao Stefy, sono passata qui per caso ti lascio il mio saluto.
    Complimenti per le poesie.

     

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